I PREMIATI DELL’EDIZIONE 2009
GIORGIO ARU. Laureato in Medicina all’Università di Cagliari nel 1975, dopo aver lavorato all’ospedale cagliaritano e poi a Padova, si è specializzato in Cardiochirurgia negli Stati Uniti dove ha operato nelle Università di Atlanta, di Milwaukee, di Portland e di Philadelphia. “Di quegli anni – dice – ricordo l’ospitalità degli americani, i tappi della Coca Cola con cui mi comprai una fantastica collezione di musica classica, la bellezza struggente dell’Oregon e di quell’angelo di nome Jan che poi è diventata mia moglie”. All’università del Mississipi, a Jackson, lavorando al fianco di Jessie Wofford, eroe della seconda Guerra Mondiale e miglior chirurgo del polmone del Mississippi, diventa primario della Clinica Cardiochirurgia e direttore della Scuola di specializzazione in cardiochirurgia toracica. Nel tempo libero coltiva rose e naviga in barca a vela. “Sardo testardo”, come gli piace definirsi, ama la Sardegna e spera di tornare a sdraiarsi sulla sabbia del Poetto quando avrà concluso la sua prestigiosa carriera lavorativa.
BIANCA BERLINGUER. Primogenita dei quattro figli dell’indimenticabile Enrico Berlinguer, è nata e vissuta a Roma ma dentro una cultura profondamente sarda. Laureata in lettere, ha intrapreso da giovanissima la carriera giornalistica lavorando al Messaggero e poi in televisione. Dopo una prima esperienza televisiva come redattrice di Mixer, è entrata in pianta stabile al TG3 di cui attualmente conduce l’edizione serale. Presenta inoltre su Rai Tre Primo piano, rubrica di approfondimento della stessa testata giornalistica. Su Internet opera un Club di suoi ammiratori, sul cui sito si legge: “è la primadonna del TG3, che conduce in maniera ineccepibile e autorevole”. “Continua così, Bianca!”, scrivono i suoi fans. Verso la Sardegna conserva un sentimento di grande familiarità e di forte attaccamento. Le nuotate nel mare di Alghero e le regate in barca a vela latina significano per lei ben più di un semplice passatempo.
MARIA GIACOBBE. Quand’era piccola, la nonna le leggeva i romanzi della Deledda e vi aggiungeva i suoi personali commenti. “Fu così – dice – che imparai cosa i lettori pretendono da uno scrittore”. La sua passione per la scrittura subì un terribile smacco quando, all’età di nove anni, venne bocciata in italiano all’esame di ammissione alle medie. Ma è un incidente del quale non si vergogna e che anzi ama rievocare con orgoglio: la bocciatura era in realtà una vendetta del regime fascista contro gli ideali di libertà pubblicamente professati e praticati dalla sua nobile famiglia. Ci hanno pensato poi i suoi libri (“Il diario di una maestrina”, “Le radici”, “Il mare”, “Pòju Luadu”, “Gli arcipelaghi”) a consacrarla agli occhi del mondo come una delle più grandi scrittrici di Sardegna. A Copenhagen, dove vive da tempo, ha portato con sé la fierezza delle donne barbaricine e quei valori umani e culturali che sono l’essenza della nostra terra.
PAOLO MANCOSU. Laureato in Filosofia alla Cattolica di Milano e alla Stanford University, è autore di numerosissime pubblicazioni sui temi della Logica Matematica, della Filosofia della Scienza e della Filosofia del Linguaggio. E’ stato, giovanissimo, direttore del Centro Nazionale delle Ricerche di Parigi. Ha insegnato all’Accademia delle Scienze di Mosca e nelle Università di Berlino, di Oxford, di Yale e di Stanford, in un crescendo di ricerca e di incarichi del massimo livello, fino ad approdare a Berkeley, dove è attualmente direttore dell’Istituto di logica e metodologia della Scienza. Più che di fuga di cervelli si dovrebbe parlare di un bel cervello prestato dalla Sardegna alla cultura mondiale. Amante del mare, vive con nostalgia il distacco dalla natìa Oristano ma si consola coltivando le launeddas e soprattutto il vellutato e malinconico suono del bandoneòn, del quale è diventato un virtuoso dopo averlo studiato nei Conservatori di Parigi e di Buenos Aires.
FLAVIO MANZONI. Ha messo al mondo creature dai nomi intriganti: Diàlogos, Salsa, Tango, Altèa, Leòn, Stilnovo, Ipsilon, Musa, Punto, Bravo, Cubo, Golf, Polo, Scirocco. Stiamo parlando delle automobili che ha disegnato per diverse case (la Fiat, la Lancia, la Seat, la Skoda, la Bentley, la Bugatti) fino agli ultimi modelli del gruppo Volkswagen, di cui è attualmente direttore del Creative Design. Nonostante il cognome lombardo, ereditato dal bisnonno, si considera ed è profondamente sardo: padre maddalenino e madre nuorese, è cresciuto e ha fatto tutti gli studi nel capoluogo barbaricino prima della laurea in Architettura, con specializzazione in Disegno Industriale, all’Università di Firenze. E’ entrato giovanissimo nel mondo del design automobilistico percorrendo una carriera fulminante e diventandone presto un’autentica celebrità. Le sue creature più amate sono la celeberrima Fulvia Coupè, per la quale ha anche vinto un prestigioso premio, e la UP della Volkswagen nella quale ha condensato tutte le più moderne tendenze stilistiche.
VALERIA MARINI. 98-62-98. Questi numeri, se volete, potete giocarveli al Superenalotto, ma è meglio stare semplicemente ad ammirarli. Sono le misure che le hanno valso l’appellativo di “Valeriona nazionale”. Nata a Roma ma vissuta per lunghi anni a Cagliari (dove ha tra l’altro conseguito la maturità classica), ha lavorato in teatro, in cinema e in televisione in innumerevoli programmi che ne hanno esaltato e consacrato non solo la prorompente bellezza ma anche la sorniona intelligenza. Ammiratissima primadonna di numerose trasmissioni, ha pure presentato il festival di Sanremo e recitato in film di successo anche all’estero. Ha posato per diversi calendari. Con quello del 1996, fotografata da Helmut Newton, detiene tuttora il record delle copie vendute: 3 milioni. Da qualche anno si dedica con successo all’abbigliamento intimo, con le linee di sua personale ispirazione. E se la sua bravura ha convinto Sofia Coppola a chiamarla ad Hollywood per una parte nel film “Somewhere”, la sua bellezza e il suo fascino sembrano non avere mai fine se è vero che la rivista Playboy dedica alle sue meravigliose forme copertina e paginone centrale del numero di questo mese. In un recente sondaggio tra i giovani di 15-30 anni, il 70 per cento ha indicato lei come la donna dei propri sogni.
SALVATORE MEREU. Ha descritto le quattro stagioni della vita di un sardo qualunque (l’infanzia, l’adolescenza, l’età matura e la vecchiaia) in quel piccolo grande capolavoro cinematografico che è “Ballo a tre passi”. Uno dei più illustri e stimati critici italiani, Tullio Kesich, ha scritto che questo film è “come un albero fiorito, con le radici nell’antropologia e fronde nella favolistica”. Nato a Dorgali nel 1965, si è diplomato al Dams di Bologna e poi al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Ha vinto il premio della critica alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia e il David di Donatello quale miglior regista dell’anno. Ma non ha mai smesso di essere sardo che più sardo non si può. La sua ultima fatica, “Sonetàula”, tratta dal bel romanzo di Peppino Fiori, è stata giudicata da molti il più bel film sulla Sardegna insieme a “Banditi a Orgosolo”. L’immagine della Sardegna che scaturisce dalle sue opere -tenera, cruda, poetica e realistica – ha contribuito a delineare presso il pubblico italiano e internazionale un’idea accattivante della nostra terra e della nostra gente.
SALVATORE SECHI. Nato a Tempio Pausania, laureato in Giurisprudenza all’Università di Sassari con 110 e lode, ha lavorato alla direzione di Politica economica della Confindustria e poi all’Ufficio Studi legislativi del Senato, dove ha curato, tra l’altro, la traduzione e la pubblicazione dei Regolamenti parlamentari dei paesi della Comunità Europea e condotto ricerche in materia di legislazione finanziaria e di bilancio. Dal 1985 è Consigliere del Presidente della Repubblica con l’incarico di Direttore dell’Ufficio per gli Affari Giuridici e le Relazioni Costituzionali, prestando la sua discreta ma preziosissima consulenza ai presidenti Cossiga, Scalfaro, Ciampi e Napolitano. Nominato Consigliere di Stato, partecipa all’attività della suprema magistratura amministrativa. Gli impegni istituzionali non gli impediscono di rivolgere un interesse speciale alla storia e alla vita sociale della Sardegna: della “Canzona di Mastru Juanni”, poemetto dialettale gallurese, ha curato la ricerca storica e la pubblicazione con testo italiano a fronte.